Se vi capita di andare a volantinare nei mercati rionali, soprattutto attaccando pesantemente il governo di turno, ci si rende conto di quanto sia diffuso il malcontento. E’ un buon osservatorio per constatare concretamente la percezione del caro-vita, soprattutto, si rammenta, co il cambio dalla lira all’euro, utilizzato per compiere la prima grande fregatura nelle regole imposte dalla Unità Europea. Tutti se ne sono resi conto, eppure i governanti, da buoni illusionisti, continuano a decantare le magnificenze di tale evoluzione. Si vuole “incantare i serpenti” come si sol dire. Se ci sono stati dei benefici nel passaggio costitutivo della UE sono finiti tutti nelle tasche del grande capitale, della finanzia e dei parlamentari che legiferano.
La classe politica è sempre rimasta compatta nella strenua difesa dei propri privilegi concedendosi abnormi stipendi e immeritate pensioni. Con altrettanto accanimento si sono impegnati nel bloccare i redditi di pensionati e i salari dei dipendenti, costringendoli a lavorare fino allo sfinimento, spostando la soglia per il diritto alla pensione fino a 66 anni e 7 mesi. Bella questa Europa dei tanti sacrifici e della negazione dei diritti. Ma il governo Renzi ha voluto mandare un messaggio di generosità verso i futuri pensionati, in vista del referendum, annunciando la preparazione di una legge che permetterebbe di andare in pensione fino a 3 anni e 7 mesi prima, con una riduzione in percentuale della pensione stessa e il pagamento di un prestito ventennale che non sono proprio noccioline. Un bel regalo.
L’elenco dei danni in questa UE è infinito. C’era la “scala mobile” , ora c’è il blocco dei salari e delle pensioni, mentre i prezzi continuano ad aumentare. C’era l’art. 18 per salvaguardare da facili licenziamenti, la controriforma del governo l’ha abolito. Oggi un giovane, anche non giovane, che cerca lavoro difficilmente lo trova, ma se è fortunato a trovarlo gli si prospetta due soluzioni: un contratto a termine oppure a progetto o a partita iva, altrimenti viene regolarizzato con la legge Jobs Act , per cui può essere licenziato, con pochi soldi, in qualsiasi momento, mentre le aziende che lo applicano si avvantaggiano di contributi che ricevono dallo stato.
Di fronte all’enorme sviluppo tecnologico utilizzato solo per licenziare lavoratori, lavoratrici e arricchire le aziende continuiamo a sostenere l’urgente necessità della riduzione sostanziosa dell’orario di lavoro a salario invariato, per lavorare meno e lavorare tutti.
Di fronte ai tagli della sanità (il servizio pubblico sanitario è sempre più una chimera) di fronte ai senza casa sfrattati impietosamente ogni giorno chiediamo il taglio delle spese militari e delle azioni belliche. Solo i micidiali bombardieri F35 che il governo italiano sta acquistando dagli USA ci succhiano il sangue. E quale risparmio ci sarebbe con il ritiro delle missioni militari all’estero, fatto ad esclusivo beneficio delle politiche industriali, provocando guerre che sono tra le principali cause degli esodi di emigrazioni forzate.
Vogliamo la scuola per tutti, una sanità funzionante e gratuita, garantito il diritto alla casa, il ripudio delle guerre ovunque e sempre.
Per tutto questo abbiamo proclamato lo sciopero generale per la giornata del 4 novembre come USI-AIT, assieme alla CUB e con l’adesione di SGB, anche per contrastare una giornata in cui le forze armate celebrano i massacri della prima guerra mondiale.
Uno sciopero essenzialmente legato ai nostri bisogni primari e in difesa dei diritti calpestati.
Altri sindacati, in altra data, hanno scelto la proclamazione di uno sciopero tutto istituzionale, subordinato alle logiche partitiche di sostegno dei comitati per il No nel referendum, dove gli obbiettivi rivendicativi dei lavoratori sono solo una appendice. Una bella contraddizione per quei sindacati quali USB che, dopo aver sottoscritto il famigerato accordo del 10 gennaio 2014 che vieta ai firmatari il diritto di sciopero contro gli accordi approvati dalla cosiddetta maggioranza, cioè Cgil-Cisl- UIL, sono invece pronti a scioperare per una illusoria democrazia dentro le istituzioni. Una battaglia da “polli di Renzi”, con il risultato finale che qualsiasi governo, sia di centro-destra o di centro-sinistra, si continua a legiferare contro i diritti dei lavoratori e lavoratrici. Fare uno sciopero unitario con costoro c’era la certezza di venire risucchiati nel tritacarne della logica istituzionale. La richiesta dello sciopero generale del 4 novembre non a caso à anche contro l’accordo del 10 gennaio 2014.
Pur nella consapevolezza delle difficoltà del momento è importante sostenere scioperi che alimentano il conflitto sociale, nell’esempio di quanto è avvenuto in Francia, dove si è creato un forte movimento unitario tra studenti e lavoratori per contrastare duramente le leggi sulla precarietà. Leggi che nel nostro paese sono passate con estrema facilità, soprattutto grazie alla complicità di Cgil, Cisl, Uil, garantendo l’immobilismo di larga parte dei lavoratori e lavoratrici, mandando un chiaro segnale al governo a proseguire tranquillamente nel massacro dei nostri diritti.
Facciamo del 4 novembre una importante barricata in difesa dei più deboli, per il diritto all’occupazione e al reddito, a salari e pensioni più eque, per la riduzione degli anni per il diritto alla pensione e dell’orario di lavoro, il diritto alla salute, alla casa, per una rappresentanza dei lavoratori reale, per l’abolizione delle spese militari e contro tutte le guerre. Un importante passo nell’obbiettivo finale per l’abolizione dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo.
Enrico Moroni
Qui gli appuntamenti del 4 novembre per lo sciopero